Signori, qui ai Feudi di San Gregorio, si respira aria pura, e in uno scenario che a definirlo bucolico e’ limitativo, si può bere del buon vino.
Come lo preferisci? Rosso? Bianco? O rosato?
In questo posto fatato dell’Avellinese se ne trovano di tutti i gusti, e tra una democraticcissima Falanghina, un Greco di Tufo che è’ tutto minerale, un morbido Fiano, fino al re dei re, il Taurasi (ma va bene anche un Aglianico in divenire) si riscoprono le proprie radici. Eh si, miei cari lettori, perché se vi scrivo a riguardo di questa realtà (conosciuta grazie al Master del Gambero Rosso che sto frequentando con sempre più passione) e’ proprio per questo.
Perché ho finalmente capito!
Ho sempre sentito parlare del vino come fortissimo elemento identitario e di ancoraggio al territorio di provenienza, ma devo ammettere che non avevo mai compreso.
Fino a poche settimane fa. Fino a quando non ho conosciuto i Feudi.
E appena ho trovato un attimo di tempo ho pensato di parlarvene:
COSA MI HA COLPITO?
In questa azienda, che vi assicuro vale la pena di visitare, ho scoperto una cosa che mi ha colpito molto:
Il 50 % della produzione e’ affidata a piccoli agricoltori locali, in maniera tale da non incidire troppo incisivamente sull’equilibrio dell’ecosistema circostante. Perché l’opera dell’uomo ha un forte impatto sul territorio, e si è’ pensato prima di tutto a preservare quest’ultimo.
Questi piccoli produttori, infatti, venendo retributi “il giusto” possono permettersi di continuare il loro lavoro artigianale, tramandato di generazione in generazione, e che ha caratterizzato profondamente questi scenari, questa terra, a volte difficile, ma ricca di storia, tradizione, e genuinità.
Un’impresa etica, quindi, anche dal punto di vista socio-economico, non solo per gli aspetti legati ai metodi produttivi, ma soprattutto per gli aspetti identitari orgogliosamente mostratici.
In fondo, per spiegarvi cosa vuol dire “legame con il territorio”, posso usare un’immagine, per cercare di renderla quanto più comprensibile possibile:
Chiudi gli occhi e fingi per un attimo di trovarti tra queste vigne.
Immagina l’aria fresca, i profumi forti e prepotenti della natura che dilagano nelle tue narici. Fermati ed ascolta il cinguettio degli uccelli, gustati la libertà, l’incontaminatezza.
E ora procedi con me in un’immaginaria passeggiata nella vigna.
Focalizza il tuo sguardo prima di tutto sulla perfezione geometrica di questa immensa distesa di vite. Il verde delle foglie e il rosso dei chicchi di uva sono i colori preponderanti. Ammira con quanto amore vengono coccolati.
A questo punto pensa di avere con te un calice di rosso. Un Taurasi, magari. E di iniziare a sorseggiarlo lentamente, mentre continuiamo la nostra camminata nel verde.
Bene, ora prova a “collegarti”. A capire che ciò che stai bevendo non è altro che un sorso di quest’esperienza in un attimo di piacere. O anche viceversa, che l’esperienza che stai vivendo e’ concentrato nel calice che stai gustando.
Immaginati a mille km di distanza. E di soffrirne.
Immagina di voler tornare con la mente in questo scenario.
Immagina che solo queste terre possono produrre questo specifico vino e farti provare queste esatte sensazioni. Che ti sembrano tutte tue personali. Ma che invece non ti fanno comprendere altro che se un vino rappresenta un territorio e un territorio rappresenta chi ci vive e chi lo vive, non stai bevendo più un “succo d’uva”. Stai riappropiandoti di te stesso. Ti stai riagganciando al territorio da cui provieni. Ma tu sei il territorio da cui provieni, e il territorio e’ anche costituito da te e ciò che in parte gli hai ceduto.
E allora diventa un’esperienza. Un viaggio simbolico. Una contemplazione di se stessi.
E allora capisco perché da tutto il mondo richiedono questi vini, e l’export correlato non conosce crisi. Chi non vorrebbe al prezzo di pochi euro, fare un viaggio nell’universo della “Campania Felix”, meta da secoli di artisti, filosofi, pensatori, lavoratori, terra trabordante di storia e tradizioni millenarie. La terra del Vesuvio, che con la sua rabbia ha permesso di avere una qualità di viti irreplicabile in tutto il mondo. La terra dove puoi incontrare un’azienda, come I Feudi di San Gregorio, che oltre a parlarti delle “perle di Fiano” (vite con oltre un secolo di vita) ti parlano di una storia millenaria. Ti parlano di te stesso.
E allora miei cari lettori, fattelo questo “sacrificio”, ne vale la pena.
Bevete consapevolmente. E non mi riferisco alla guida. Trovate il vostro legame. E se anche non siete Campani e volete immedesimarvi in questa realtà, fate come me, concedetevi un buon vino e qualche attimo di contemplazione.
Io vi prometto che presto posterò altri contenuti riguardanti questi temi, che mi appassionano tanto e che magari potrebbero interessare anche a voi, miei follower. In fondo, il vino non si beve solo per contemplare, ma in quanti aperitivi, in quante cene, e in quanti eventi ci fa compagnia?
E allora non possiamo che approfondire, approfondire, approfondire.
Un saluto a voi cari lettori, e non perdetevi il prossimo articolo in uscito su Villa Vignae, altro paradiso terrestre sito in Taurasi! A presto, Checco
Ps IL VINO CHE MI È’ piaciuto DI PIÙ?
Il FIANO, invecchiato di qualche anno:P
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Avete davvero un blog ben fatto! Sareste disponibili per uno scambio di post? intendo guest blogging… ho un blog che tratta di argomenti simili, vi ho inviato una mail per scambiarci i dati. Grazie ancora!
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